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Lavori in apiario nel mese di dicembre 2009Mentre sto scrivendo il mio sguardo è attratto dalla finestra che si trova di fronte alla mia scrivania. Fuori è una bella giornata di sole con una temperatura mite sopra la media stagionale. Per strada, se incontro qualche amico che conosce la mia passione, mi ferma e fa degli apprezzamenti sull’andamento stagionale. L’altro giorno un mio vicino di casa si è complimentato con me perché vedendo del tarassaco fiorito ha pensato subito alle api che riuscivano ancora a bottinare aumentando così le loro provviste per l’inverno. Personalmente faccio finta di apprezzare questi interessamenti, terminando il discorso con dei sorrisi di soddisfazione. Non che non apprezzi le belle giornate di sole e le temperature miti, ma quando vedo le api rientrare con le cestelle piene di polline, non posso non pensare che tutto questo spinge la regina ad un frenetico lavoro di ovo deposizione con conseguenti facciate di telaini piene di covata. Anche questo non mi dispiace se non fosse che ad ogni ciclo di covata la varroa all’interno dell’alveare raddoppia di numero e penso a come saranno ridotte le nostre famiglie ai primi freddi !. Quanto salubri e forti saranno le api nate nell’ultimo periodo?. Saranno in grado di passare i rigori dell’inverno e ad avviare la famiglia allo sviluppo primaverile?. Tutto questo mi crea uno stato di ansietà. I timoli, l’acido formico e tutti gli evaporanti in questo periodo non sono più efficaci, non danno certezza della loro funzionalità come nel periodo delle elevate temperature giornaliere, per cui è un’arma che non si può usare. Alla fine del trattamento estivo, eseguito con quattro tavolette di ApiLife Var, una ogni sette giorni, dopo aver messo a pulire i melari mi sono accorto che nei vassoi cadevano delle varroe ancora vive; allora ho eseguito un trattamento con acido ossalico gocciolato: di varroe ne sono cadute da 200 a 500 per alveare. Una delle cose più frequenti che faccio in questi giorni è verificare le previsioni del tempo nel computer ed estrarre i vassoi delle arnie, con la paura di vedere ancora varroe che si muovono. Per mia fortuna, camminando davanti agli alveari non noto api per terra o che camminano sui fili dell’erba: questo mi dà speranza che le famiglie siano ancora forti e capaci di difendersi ma l’interrogativo che mi rimane e quello di chiedermi: per quanto ? ?. Nel frattempo qualche amico apicoltore mi telefona dicendo che diverse famiglie del suo apiario sono morte collassate a causa della varroa. Quando mi arrivano queste notizie e mi soffermo a fare delle considerazioni constatando l’impossibilità d’intervenire o di rendermi utile per modificare queste cose, sono preso da uno stato non solo dì ansietà ma addirittura di sconforto. L’anno scorso, nella mia zona, a fine dicembre c’erano alveari con delle rose di covata ed alveari con regina giovane che nonostante il freddo, al centro del glomere, continuava a deporre uova. Trovare il momento opportuno per fare il trattamento con l’acido ossalico è stato veramente difficile, in qualche alveare ho fatto un paio d’interventi a distanza di qualche settimana, con la speranza di aver abbattuto tutti gli acari; quest’anno con periodi prolungati di temperature molto più alte non ho idea di come andrà a finire. Nonostante tutto io credo che le api vivranno anche dopo che noi abbiamo smesso di fare gli apicoltori, la forza della natura per equilibrare le cose è più matematica di molti studiosi. Vista la stagione così rigogliosa, che impegna le famiglia nei lavori dell’allevamento della covata, dovremo stare attenti alle scorte di miele e di polline all’interno delle famiglie: sarà indispensabile soppesare le arnie per renderci conto di quanto miele possono contenere. Personalmente consiglio ai meno esperti di sollevare le arnie da un lato, attraverso la maniglia esterna, valutarne il peso e poi fare la stessa operazione con un’arnia vuota tenendo presente che la famiglia deve essere molto più pesante. All’inizio della mia attività mi ero dotato di un dinamometro, non certamente di precisione ma lo stesso utile per farmi prendere quella manualità necessaria per la valutazione delle varie pesate. In confidenza, vi devo dire che ancor oggi, se mi vengono dei dubbi sulla valutazione delle scorte di un alveare vado ad alzare una casetta vuota: se riscontro che la famiglia ha poche scorte allora giro subito la pietra sopra il coperchio come indicazione che alla prima giornata di sole devo fare una veloce visita, portandomi a seguito del candito ed un piccolo foglio di nailon da porre fra il candito ed il coprifavo. In questo modo le api saliranno con semplicità a prendersi l’alimento ed il loro calore, condensando nel candito protetto dalla pellicola, lo farà rimanere sempre morbido e invitante. Per chi non ha ancora provveduto a chiudere la porticina d’entrata c’è ancora tempo, se non è entrato qualche animaletto come roditori ecc; così pure per chi deve alzare gli alveari da terra: il terreno deve essere asciutto e pulito, eventuali erbacce possono aiutare il ristagno dell’acqua e dell’umidità e l’alveare va sollevato di circa quaranta centimetri. In apiario, in questo periodo, si possono eseguire degli spostamenti: si raccomanda di verificare che non ci sia movimento di volo per tre o quattro giorni prima del trasferimento. Nel rimuovere gli alveari bisogna far attenzione a non scuoterli troppo, le api potrebbero cadere dal glomere e in questo periodo non sarebbero in grado di risalire andando incontro a morte certa. I melari, completi di telaini, li conservo in pile di dieci o dodici melari in un luogo riparato ma aperto, posti sopra a dei fondi chiusi mentre di sopra pongo due melari vuoti con un coprifavo come chiusura, Attraverso il foro del nutritore introduco un filo di ferro, appeso ad un pezzo di legno che chiude il foro e all’estremità del filo faccio un uncino dove infilo una zolletta di zolfo a cui do fuoco; richiudo il tutto e mi allontano, verificando che non ci siano principi d’incendio. Usando in ogni famiglia l’escludi regina non ho eccessivi problemi con la tarma della cera, questa operazione la faccio all’inizio dell’inverno e a primavera quando le temperature cominciano a salire oltre i 20 gradi. Dopo la metà del mese dobbiamo darci una regola fissa: basta pensare alle api. Da questo momento in poi dovremmo pensare ai nostri cari. Incominciano le Feste Natalizie, le strade del centro sono tutte illuminate: accompagnati dalle mogli faremo una passeggiata per vedere le vetrine o all’interno di qualche supermercato. Sarà una cosa che farà molto piacere a loro e a noi perché saremmo rilassati e spensierati. La sera poi sarà dedicata esclusivamente ad assaporare il calore famigliare che molte volte lo stress della vita moderna ci ha fatto dimenticare o trascurare. Potremo prendere l’occasione di offrire un vasetto di miele agli amici ed anche a quel vicino che questa estate si lamentava di avere molte api nei fiori di zucca del suo orto, un piccolo gesto che forse ci farà riprendere quella stima e simpatia che per qualche screzio avevamo perso. Con questa fotografia, con questa atmosfera di festa e semplicità vorrei lasciarvi inviando a voi e alle vostre famiglie i miei migliori auguri di Buon Natale e di un Felice Anno Nuovo
Paolo Franchin ... |