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Lavori in apiario nel mese di Giugno 2009Il mese di giugno ci vede ancora impegnati in apiario, quasi giornalmente per la verifica di qualche sciamatura tardiva, la necessità di aggiungere un melario, la visita obbligata alle famiglie che non hanno prodotto o non sono salite a melario. Personalmente, la mia attenzione in questo periodo va posta proprio nelle famiglie che non si sono sviluppate o che hanno lavorato intasando il nido e limitando così la possibilità alla regina di deporre covata. Spostando il melario e togliendo l’escludi regina, estraggo un telaino alla volta osservando attentamente la covata che deve essere compatta ed estesa, coprendo una buona parte della superficie del telaino, la parte rimanente deve essere riempita di polline o miele. A volte emetto un piccolo soffio verso il telaino coperto dalle api, la loro reazione: se una buona parte dovessero alzarsi significa che la famiglia ha un’indole diverso per il quale è stata selezionata, mentre se le api si aprono e mi permettono di vedere la covata senza alzarsi in volo significa che la famiglia ha una buona tenuta del favo. E’ molto importante che una famiglia abbia una buona tenuta del favo. Immaginate che durante la primavera quando la temperatura non è ancora elevata e le api devono riscaldare la covata nascente passasse un aeroplano e solo per il rumore le api per un istinto nascosto abbandonassero la covata per un certo tempo. Lo sviluppo della famiglia ne soffrirebbe: anche questo è un carattere da selezionare. Verificato che nel telaino non c’è la regina, lo rimetto nell’arnia e con uno scossone cerco di far cadere il maggior numeroi api possibile. Ritraendo il telaino passo alla verifica della covata, cerco alveoli isolati e foracchiati, se dovessi trovane faccio subito la prova dello stecchino, se la sua estrazione si mostra con un filamento mi trovo di fronte ad un caso di peste americana e mi comporto come ho descritto negli articoli precedenti. Se questo non accade continuo la mia visita osservando che non ci siano celle reali nei contorni del telaino, e non ci siano cupolini in costruzione, verifico la presenza di scorte di miele e di polline. Passando da telaino a telaino cerco la regina, quando la trovo osservo la sua agilità nel muoversi, il colore del marchio che mi indica l’anno in cui è nata e cerco di assistere che la deposizione delle uova avvenga nelle cellette una di seguito all’altra. Se dall’osservazione di tutte queste cose non rilevo nulla posso decidere di cambiare la regina: questo è il periodo migliore per la sostituzione, oppure, come molte volte faccio, decido di usare la famiglia per smembrarla e con delle celle reali allevate costituisco dei nuclei. Il grosso problema che si presenterà a fine mese sarà che tipo di trattamenti decidiamo di mettere in atto per abbattere la vorroa che in questi mesi di covata costante si è riprodotta all’interno dei nostri alveari. Forse non tutti sono convinti che saltare questi trattamenti vuol dire portare le famiglie al collasso, in effetti se a febbraio ci fossero state duecento varroe attualmente sarebbero tremiladuecento. Ora che la famiglia sta riducendo la covata e si abbassa la forza dell’alveare, il momento diventa critico. Come dicevo il mese scorso non ci sono novità nel campo farmacologico: si trovano in commercio dei prodotti a base di oli essenziali come l’Apiguard e Lapi Life Var, validi certamente se usati in modo corretto e nel periodo di molto caldo, mentre usati con temperature miti perdono la loro efficacia. Possiamo dire però: validi ma non risolutivi. Le ultime sperimentazioni che ho seguito dedotte dall’esperienza di amici apicoltori mi hanno indotto a pensare di attuare il blocco di covata. Al Convegno di Pordenone il dr. Francesco Baroni ha presentato un sperimentazione eseguita assieme al suo amico Marco Moretti che dopo una analisi molto attenta sulla varroa e sui cili di covata delle api, ha dedotto quanto segue: - il ciclo completo di sfarfallamento è di 24 giorni ( 21 giorni per le api – 24 per i fuchi) - dopo 2 giorni circa dalla liberazione la regina depone - dopo 6 giorni dalla deposizione la covata è nuovamente ricettiva alla Varroa - il periodo dal 18 al 24 giorno dall’ingabbiamento dell’ape regina è quello utile per liberare la regina. L’esperienza è stata effettuata nei suoi apiari, uno a 800 mt e uno 1950 mt di altitudine costituiti da un totale di 50 alveari. Ha usato una gabbietta “Scalvini” per ingabbiare le regine dal 12 Luglio al 2 Agosto ossia per un totale di 18 giorni mentre fra il 24° e il 26° giorno dall’inizio dell’esperienza, ha eseguito un trattamento con l’acido ossalico gocciolato. Marco Moretti con 150 alveari ad una altitudine di 850 mt. Ha ingabbiato 120 regine incominciando il 7 Luglio per un totale di 21 giorni, effettuando un trattamento con acido ossalico gocciolato il 23° giorno. Ambedue hanno completato svolgendo dei grafici con delle schede riassuntive molto interessanti che vorrei sottoporvi.
ESPERIENZA IN CAMPO 2008 Apicoltura Francesco Baroni ESPERIENZA IN CAMPO 2008 Apicoltura Marco Moretti Località intervento – PONTE IN VALTELLINA (800m SLM)- Località intervento: Chiuro (SO) -Val Viola Bormina (1950M slm) – (SO) Modello gabbietta: SCALVINI Modello gabbietta : SCALVINI Alveari bloccati su totale aziendale: 49 su 50 Alveari bloccati su totale aziendale: 120 su 150 Periodo di blocco: 12 Luglio – 2 Agosto Periodo di blocco: 7 Luglio – 28 Luglio Numero di giorni di blocco: 22 Numero di giorni di blocco: 21 Quali Trattamenti effettuati: solo alla fine acido ossalico gocciol. Quali Trattamenti effettuati: ossalico gocciolato al 23° gg. Caduta di varroe : Dalle 300 alle 2000 Caduta di varroe : da 350 a 4000 Quantità ed età delle regine trovate morte nelle gabbiette: Quantità ed età delle regine trovate morte nelle gabbiette: 2 del 2007 e 2 del 2008 – tre di queste quattro sostituite 3 regine di un anno Percentuale di regine sostituite: 8% Percentuale di regine sostituite: 3% Percentuali di famiglie che alla liberazione della regina Percentuali di famiglie che alla liberazione della regina presentavano celle reali/vergini: 6% presentavano celle reali/vergini: 2% Percentuale di regine non riaccettate o di nuove sostituite Percentuale di regine non riaccettate o di nuove sostituite non acettate: 0% non acettate: nessuna Quale raccolto c’era al momento e durante l’ingabbiamento: Quale raccolto c’era al momento e durante l’ingabbiamento: Castagno, Tiglio, Rododendro, Millefiori Eventuale nutrizione a fine ingabbiamento : Sciroppo di glucosio Eventuale nutrizione a fine ingabbiamento : nessuna per le due postazioni a 800m e candito per quella a 1950m Situazione della famiglia nei vari periodi successivi: Covata in Situazione della famiglia nei vari periodi successivi: bella e compatta, ripresa, ridotte e compatte, api calme e tranquille (mai viste così 4 famiglie con covata calcificata ad Agosto), per nulla aggressive-ho sgabbiato e trattato lo stesso Tempi di ingabbiamento e difficoltà registrate: 7- 8 regine/ora giorno e la ripresa della deposizione è avvenuta dopo una settimana. Influenza dell’ingabbiamento sul raccolto: Nulla Influenza dell’ingabbiamento sul raccolto: Nessuna
Le considerazioni finali sono risultate molto positive anche perché il relatore consiglia che nel periodo di ingabbiamento vengano mantenuti i melari, assicura l’efficacia del trattamento e l’economicità, dello stesso, senza sottovalutare il basso impatto sulla vita dell’alveare. Naturalmente tutta la documentazione è corredata da fotografie, a dir poco, meravigliose, per le inquadrature dei soggetti e la profondità dei paesaggi. Un altro particolare che mi ha incuriosito è stata la prova che hanno fatto gli autori con una gabbietta auto costruita, la quale racchiude la regina direttamente in una parte del favo, come si vede in fotografia. Il dr. Baroni raccontava che per due settimane dall’ingabbiamento tutto era regolare ma subito dopo le api hanno cominciato a scavare nella cera fino a permettere alla regina di uscire, vanificando tutto il loro lavoro. Anche le esperienze,alle quali ho partecipato personalmente, fatte dai miei amici apicoltori, usando il blocco della covata hanno portato a dei risultati soddisfacenti: noi usavamo il telaino che ci aveva indicato l’amico Luigi Campagnolo, del quale avevamo descritto le proprietà l’anno scorso, dando dei buoni risultati. Abbiamo riscontrato, sia quest’anno che l’anno scorso, che nelle famiglie dove la regina non era tanto giovane, dalla parte opposta dell’escludi regina le api costruivano dei cupolini come se in quella parte dell’alveare mancasse il ferormone reale. Pensavamo di sostituire il fondo del telaino con un altro pezzo di escludi regina, in questo modo l’odore della regina potesse arrivare a tutte le api della famiglia, solo che questi telaini che venivano usati, in seguito, come diaframmi avrebbero dovuto essere depositati in magazzino. Un altro particolare osservato è stato quello che al momento della liberazione, se il telaino veniva scosso sopra i favi per far uscire la regina le api che se la trovavano vicina tendevano ad aggomitolarla, a differenza di quando si toglieva l’escludi regina e si riponeva il telaino. Per molto tempo ho pensato a come potevo modificare il telaino, visto che le gabbiette anche se pratiche e efficaci mi danno l’impressione che abbiano uno spazio a disposizione molto ristretto e che la regina ne debba soffrire. Molto probabilmente sono solo mie fissazioni, ma il poter rendere meno stressante questo periodo per la regina mi dà un certo sollievo. L’idea mi è venuta quando ho visto una foto dell’amico Giuseppe Morosin che assieme alla figlia Lara (una delle prime tesi in apicoltura discussa all’università di Padova), gestiscono “L’alveare del Grappa” con produzione di nuclei ed api regine oltre a tutti i prodotti dell’alveare. Giuseppe, apicoltore molto attento a tutte le nuove tecniche apistiche, aveva ingabbiato la regina al centro del telaino con un pezzettino di escludi regina posto in verticale, la sua costruzione risultava semplice ed economica. Apportando qualche modifica come porre un altro pezzo di escludi regina sul fondo, ho realizzato delle gabbiette larghe all’incirca 6 cm per un’altezza di 22 cm come si può osservare nella foto, realizzando una porticina che nel momento della liberazione permette di non estrarre il telaino: è sufficiente spostare solo i telaini posti davanti quel tanto necessario per aprire completamente la porticina. Lo scopo di tutto questo lavoro è la speranza di rendere questa clausura meno stressante per l’insetto e meno traumatico per l’intera famiglia: è chiaro che nessuno di noi gioisce nel fare queste cose ma sono operazioni dovute se vogliamo salvare le nostre api non solo dalla varroa ma da tutte le infezioni che ne derivano. I fori che rimangono nelle chetine, lasciate dalle varroe dopo aver succhiato parte della linfa, sono corrridoi aperti a tutti i batteri che si trovano nell’ambiente e che scelgono di svilupparsi all’interno delle nostre amiche api. Naturalmente cerco di trasmettere le mie esperienze e quelle dei miei amici, ricordandovi che sono esperienze di questa zona. Ognuno deve valutarle ed eventualmente adattarle al suo ambiente: non è detto che valgano le stesse regole dappertutto. Se qualcuno vuole farmi sapere le sue conoscenze in questa pratica apistica, in positivo e in negativo, ne sarei grato. Molte volte si recepisce più da una critica che da un complimento. Un saluto e al prossimo mese
Paolo Franchin ... |