Lavori in apiario nel mese di Maggio 2009
In cuore mio spero che pochi di voi abbiano il tempo di leggere questo articolo, con tutte le cose che ci sono da fare in questo periodo arriva sera sempre prima del previsto. Il lavori in apiario, lunghi e stancanti, si riducono nell’ispezionare i nidi , telaino per telaino, togliendo non solo le celle reali ma anche i cupolini che potrebbero generare una nuova regina. Il tutto per limitare le sciamature che come conseguenza porterebbero una diminuzione della produzione dell’alveare. Naturalmente,prima della fioritura dell’acacia bisognerà estrarre dai nidi tutti i telaini non lavorati e quelli vuoti perché durante la grande fioritura le api preferiscono completare prima il nido e poi salire nel melario. Copriremmo anche gli spazi vuoti al da là del diaframma con delle stecche di legno, che si possano inserire negli spazi dei distanziatori,per evitare che le api costruiscano in tali spazi favi naturali per depositarvi miele. A questo proposito, vorrei insistere riproponendo la mia tecnica apistica: uso tutte le arnie da dodici con due diaframmi e poi posiziono melari che conterranno dieci telaini. Non facendo come certi amici i quali preferiscono attendere che la famiglia si sviluppi su tutti i telaini dell’arnia, riesco a portare le famiglie in produzione molto tempo prima di loro. Usando i diaframmi a fisarmonica posso introdurre con semplicità un foglio cerero, allargando lo spazio nel nido e frenare una eventuale sciamatura. Naturalmente con questo sistema non possiamo non mettere l’escludi regina, ci sono dei periodi in cui mi ritrovo con tutti e otto i telaini del melario ricolmi di covata, la regina salirebbe volentieri in un bel melario vuoto per continuare il suo lavoro di ovo deposizione. Ricordo che il melario, secondo la mia esperienza, va posizionato una settima prima del grande raccolto, le api vanno invitate a prendere possesso della nuova struttura. Normalmente posiziono al centro il telaino, usato come telaino trappola, ricolmo di miele al quale ho tagliato la parte sottostante contenente la covata maschile. Nonostante ciò le prime sere sucessive alla posa del melario, passo con del sciroppo che spruzzo sopra i telaini; così facendo le api sono attratte dalla soluzione zuccherina e salgono fino a sotto il coprifavo, conoscendo e familiarizzando con questa nuova struttura. Durante l’importazione del nettare, le api tendono a deporlo nei telaini centrali del melario, un mio amico dice che le api salgono a condominio, ossia che rispettano la struttura che trovano sotto nel nido. Poco male, dopo qualche giorno dell’inizio della grande fioritura andremo ad invertire i telaini centrali con quella dei laterali in modo che quando sarà il momento di togliere il melario lo troveremo riempito uniforme. Va ricordato che le api continuano a spostare, dal nido al melario, il miele di acacia fino ad una settimana dopo la fine della fioritura, quindi è importante attendere che la maggior parte dei telaini del melario siano opercolati prima di passare al loro prelievo per la smielatura. Un miele con umidità superiore al 18% potrebbe fermentare ed inacidire ai primi freddi, quindi va posta molta attenzione a questo fattore. Consiglio di misurare l’umidità del miele nei favi con un rifrattometro: non costa nulla e se l’umidità è superiore al 18% chiedete consiglio a qualche tecnico apistico prima di smielare. Per gli sciami che potrebbero uscire dalle arnie, vi pregherei di non rincorrerli con scale, impalcature precarie, motoseghe per il taglio dei rami: i maggiori incidenti per gli apicoltori avvengono proprio in questi periodi. Ricordiamoci che la sicurezza nel lavoro deve essere prioritaria, in modo speciale per noi che lo facciamo per passione. Toni (in italiano Antonio) mio vecchio maestro di apicoltura, continuava a ripetermi: “Paolo le api vivevano prima di noi e vivranno anche dopo di noi, perché rischiare di farsi male?”. Dopo la sua morte, riflettendo, ho trovato molto saggio quello che mi ha trasmesso ed è per questo che già l’anno scorso ho proposto un modo semplice, senza alcun pericolo, per la cattura di quei sciami che si posizionano sulle cime degli alberi, o in posti dove avremmo difficoltà di arrivare. Come si può vedere dalle foto, con due distanziatori da melario tagliati e uniti tra loro per mezzo di ribattini, riusciamo a sostenere due telaini affiancati, non c’è nessun possibilità che si possano staccare perché sono sorretti da un filo di ferro che oltre ad unirli tende a stringerli sempre più con l’aumentare del loro peso. In questa maniera se issiamo i telaini in cima ad una pertica o meglio ancora ad un’asta telescopica riusciamo a raggiungere quasi tutte le punte degli alberi, normalmente avvicino i due telaini allo sciame e appoggio l’asta sul ramo superiore, lascio tutto tranquillo per un paio d’ore in modo da dare il tempo alle api e alla regina di entrare nel mezzo dei telaini. Verso sera, dopo aver preparato un’arnia con dei fogli ceri, faccio scendere i telaini posizionandoli al centro della casetta, con un po’ di fumo stacco i supporti e richiudo con il copri favo. Con questa tecnica non ho mai perso uno sciame; ho visto un amico che sulla punta dell’asta ha fissato una piccola carrucola e con una fune fa salire e scendere i telaini con la massima semplicità. Ricordiamoci di non farci sfuggire questo momento per l’allevamento delle api regine. Come abbiamo descritto il mese scorso, dalla metà della grande fioritura le regine si svilupperanno con semplicità, senza tante accortezze da parte dell’apicoltore. Il problema più grosso di questo periodo rimane sempre la lotta alla varroa che riproducendosi in modo vertiginoso,nella covata dove nascono le api, porta a fine luglio al collasso delle famiglie. Molto si è discusso in questa invernata sui metodi per abbattere la varroa, sia quelli farmacologici che quelli che richiedono una buona tecnica apistica. Dalle varie relazioni che ho potuto seguire nei convegni a cui ho partecipato mi è parso di capire che poche sono le novità in campo scientifico: la lotta farmacologica all’acaro deve essere svolta con i soliti farmaci composti da oli essenziali: Api Life Var e Apiguard, o dagli acidi organici come l’acido ossalico e l’acido formico. Personalmente l’anno scorso ho eseguito due trattamenti con il formico su tutte le casette e poi su una parte di famiglie ho fatto un ciclo di due scatolette di Apiguard, mentre nell’altra metà ho fatto tre trattamenti con le tavolette di Api Life Var. Non posso lamentarmi di come hanno funzionato i trattamenti anche se ho avuto in autunno dei casi di spopolamento ed a fine inverno delle perdite riconducibili chiaramente alla varroa. Quello che mi è sembrato più interessante sono le esperienze dei miei amici che hanno eseguito il blocco della covata, ingabbiando la regina alla fine di giugno, lasciando i melari al proprio posto senza interrompere la produzione di miele. Anzi vorrei dire che hanno prodotto forse di più in quanto tutte le api nascenti diventano in breve tempo bottinatrici, non trovando larve da accudire. Inoltre le api hanno eseguito una pulizia completa di tutte le cellette nei telaini del nido, cosa non da poco per combattere spore della muffa e per ripulire qualche celletta da spore di peste americana o peste europea. Per ultima cosa non sono stati costretti a visitare gli alveari per ventidue giorni e in seguito con un trattamento di acido ossalico gocciolato, hanno ripulito le famiglie, certi che da quel momento in poi le api sarebbero nate da una covata sana e non perforata o debilitata dalla varroa. Ho seguito con entusiasmo la presentazione di una sperimentazione, relazionata al Convegno degli Apicoltori della Provincia di Pordenone svolta dal dott. Francesco Baroni e da un suo amico Marco Moretti della Valtellina. Fanno parte dell’Associazione Produttori Apistici di Sondrio che a capo il suo Presidente, si pone sempre su un piano del dialogo costruttivo e aperta alle nuove tecnologie, sperimentarle in prima persona. Il dott. Baroni ha descritto i vari metodi per eseguire l’ingabbiamento della regina: per la sua sperimentazione ha usato una gabbietta del tipo “Scalvini” rinchiudendo la regina per 18 giorni. Dopo aver verificato che la regina depone dopo due giorni dalla liberazione e la covata è recettiva alla varroa solo dopo sei giorni dalla posa dell’uovo, ha fatto osservare che ci sono a disposizione quattro giorni utili, ossia dal 22° al 26° giorno per eseguire il trattamento con l’acido ossalico gocciolato. Essendo questo argomento molto interessante richiede un approfondimento maggiore di quello che si potrebbe fare in queste poche righe. Sarà mia cura, nel prossimo articolo, farne una descrizione dettagliata per poter dare delle informazioni appropriate per la sua realizzazione. Un augurio a tutti per le future fioriture e al prossimo mese.
Paolo Franchin ... |